Antonio Spagnuolo

Antonio Spagnuolo è nato a Napoli il 21 luglio 1931. Ha fondato e diretto negli anni 80 la rivista “Prospettive culturali” e, dal 1991 al 2006, la collana “L’assedio della poesia”.
Presente in numerose mostre di poesia visiva nazionali e internazionali, inserito in molte antologie, collabora a periodici e riviste di varia cultura. Attualmente dirige la collana Le parole della Sybilla per Kairòs editore e la rassegna poetrydream http://antonio-spagnuolopoetry.blogspot.com.
Nel volume Ritmi del lontano presente Massimo Pamio prende in esame le sue opere edite tra il 1974 e il 1990. Plinio Perilli con il saggio Come l’ombra di una nuvola sull’acqua (Ed. Kairòs 2007) rivisita gli ultimi volumi pubblicati fra il 2001 e il 2007.
Ha pubblicato:
Poesia
Ore del tempo perduto, Intelisano, Milano 1953.
Rintocchi nel cielo, Ofiria, Firenze 1954.
Erba sul muro, Iride, Napoli 1965 (pref. G. Salveti).
Poesie 74, SEN, Napoli 1974 (pref. D. Rea).
Affinità imperfette, SEN, Napoli 1978 (pref. M. Stefanile).
I diritti senza nome, SEN, Napoli 1978 (pref. M. Grillandi).
Angolo artificiale, SEN, Napoli 1979.
Graffito controluce, SEN, Napoli 1980 (pref. G. Raboni).
Ingresso Bianco, Glaux, Napoli 1983.
Le stanze, Glaux, Napoli 1983 (pref. C. Ruggiero).
Fogli dal calendario, Tam Tam, Reggio Emilia 1984 (pref. G.B. Nazzaro).
Candida, Guida, Napoli 1985 (pref. M. Pomilio; Premio Adelfia 85 e Stefanile 86).
Dieci poesie d’amore e una prova d’autore, Altri Termini, Napoli 1987 (Premio Venezia 87).
Infibul/azione, Hetea, Alatri 1988.
II tempo scalzato, All’antico mercato saraceno, Treviso 1989.
L’intimo piacere di svestirsi, L’Assedio della poesia, Napoli 1992.
Il gesto – le camelie, All’antico mercato Saraceno, Treviso 1992 (Premio Spallicci).
Dietro il restauro, Ripostes, Salerno 1993 (Premio Minturnae 1993).
Attese, Porto Franco, Taranto 1994 (Illustrazioni di Aligi Sassu).
Inedito 95, nell’antologia di Giuliano Manacorda Disordinate convivenze, L’assedio della poesia, Napoli 1996.
Io ti inseguirò (venticinque poesie intorno alla Croce), Luciano Editore, Napoli 1999.
Rapinando alfabeti, L’assedio della poesia, Napoli 2001 (pref. Plinio Perilli).
Corruptions, Gradiva Pubblications, New York 2004 (trad. Luigi Bonaffini).
Per lembi, Manni editori, Lecce 2004 (Premio speciale della Giuria Astrolabio 2005, Premio Satiro d’argento 2006).
Fugacità del tempo, Ed. Lietocolle, Faloppio 2007 (pref. G. Finzi).
Ultime chimere, L’arcafelice, 2008.
Fratture da comporre, ed. Kairòs, Napoli 2009.
Frammenti imprevisti (Antologia della poesia contemporanea), ed. Kairòs, Napoli 2011.
Misure del timore (dai volumi 1985/2010), Ed. Kairòs, Napoli 2011.
Il senso della possibilità, ed. Kairòs, Napoli 2013 (premio Sant’Anastasia 2014, Premio speciale Camaiore 2014).
Come un solfeggio, ed. Kairòs, Napoli 2014.
Oltre lo smeriglio, ed. Kairòs, Napoli 2014.
In memoria di Elena / Ín amintirea Elenei (versi / versuri), Editura Contact International, Iasi (Romania) 2014 (edizione bilingue a cura di Geo Vasile, pref. Enzo Rega)
Ultimo tocco, Puntoacapo editrice, Pasturana 2015 (postfazione di Mauro Ferrari).
Da mozzare, Ed. Poetikanten, Sesto Fiorentino 2016.
Non ritorni, Ed. Robin, Torino 2016 (Premio Letterario Nazionale Le Nuvole-Peter Russell 2017, XV edizione 2017).
Sospensioni, Ed. Eureka, Corato 2016.
Canzoniere dell’assenza, ed. Kairòs, Napoli 2018 (pref. Silvio Perrella).
Svestire le memorie, Ed. Fondi, 2018 (premio Libero De Libero)
Prosa:
Monica ed altri racconti, SEN, Napoli 1980.
Pausa di sghembo (romanzo), Ripostes, Salerno 1994.
Un sogno nel bagaglio (romanzo), Manni ed., Lecce 2006.
La mia amica Morèl (racconti), ed. Kairòs, Napoli 2008.
Teatro:
Il cofanetto (due atti), L’assedio della poesia, Napoli 1995.
Vertigini di colori (un atto per Frida Kahlo), Napoli 2007.
È stato tradotto in francese, inglese, greco moderno, iugoslavo, spagnolo, rumeno.
Di lui hanno scritto numerosi autori, fra i quali A. Asor Rosa che lo ospita nel suo Dizionario della letteratura italiana del Novecento e nella Letteratura italiana (Einaudi), Carmine Di Biase nel volume La letteratura come valore, Matteo d’Ambrosio nel volume La poesia a Napoli dal 1940 al 1987, Gio Ferri nei volumi La ragione poetica e Forme barocche della poesia contemporanea, Stefano Lanuzza nel volume Lo sparviero sul pugno, Felice Piemontese nel volume Autodizionario degli scrittori italiani, Corrodo Ruggiero nel volume Verso dove, Alberto Cappi nel volume In atto di poesia, Ettore Bonessio di Terzet nel volume Genova-Napoli due capitali della poesia, Dante Maffia nel volume La poesia italiana verso il nuovo millennio, Sandro Montalto in Forme concrete della poesia contemporanea e Compendio di eresia, Ciro Vitiello nel volume Antologia della poesia italiana contemporanea, Plinio Perilli in Come l’ombra di una nuvola sull’acqua, Carlo Di Lieto in La bella afasia, oltre a D. Rea, M. Pomilio, D. Cara, M. Fresa, G. Linguaglossa, M. Lunetta, G. Manacorda, Gian Battista Nazzaro, G. Panella, Nazario Pardini, Ugo Piscopo, G. Raboni, E. Rega, Carlangelo Mauro, e molti altri.

Da POESIE 1974

PER ELENA

In alcove di sole
le calde forme tue coprire d’elitropio,
petali e rose il seno
circonfusa di timi.
Desiderio di te
cui rinnova il vento
l’eco dissepolta di speranze.
Pavido stringere,
che non effonda allo sfiorar di labbra,
il tuo respiro.
Mi sospinge il tuo sguardo
dove cercammo il volto dei cipressi,
il suono delle foglie,
ove credemmo
nel perpetuo gorgoglio delle fonti,
nei prati incolti:
oggi con te, umido frutto il tuo sorriso,
confusa nel rintocco di preghiera.

SEGRETISSIMA

Non chiedermi se un giorno,
quando la luna
ancora rossa della nostra gioia
ritornerà tra nubi lievi·
a rammentarci il grido della vita…
non chiedermi se un giorno,
quando il tramonto
come ai tempi antichi
racconta fiabe oggi non credute…
non chiedermi,
se stringerò la mano tua
quasi impaurito,
non chiedermi se t’amo.

VITA

Le figure che si schiudono d’un tratto,
insieme, tra le vie del sogno,
parlano di veloci riposi del pensiero.
In queste rocce ove il grido quotidiano
si spezza in un’orda di giovani denutriti
noi rincorriamo, con volontà selvaggia,
i fianchi del terribile clamore,
ove indugia ogni conoscenza
di promesse mai mantenute.
Sotto l’ombra di altra speranza
sembra che attenda un infinito silenzio,
e i cigli socchiusi, e lente parole,
e terribili, identiche parole giornaliere,
che in vertigini eguali
annebbiano il nostro cammino.

Da RAPINANDO ALFABETI

5.
La tua misura offre nell’incanto
della voce una favilla,
roca alle orme dello sguardo,
non più fugace,
tenero, loquace,
per mordere e cantare la grondaia
delle tue mani,
delle tue caviglie,
preludio d’un candore immaginato
alle cosce,
d’un tremore proibito alle parole,
improvvise… al tuo “pegno”
umido o selvatico.
Nel sorriso-menzogna della frusta
per me vagabondo,
avido squarcio nel dubbio di lenzuola.

32.

Disseziono parole per vendetta
confuso fra le crepe del silenzio
e gioco con le insidie di labbra.
Franano gli inganni su la storia
che attende
oltre il debutto della fantasia.
Tra persiane ed imposte
il tuo sibilo strozza i rami
della sera,
sono un libro inferocito,
sul racconto dei figli ormai impazziti
ed il mio nome strappa meridiane,
avvinghiando l’insonnia alle pareti.
Contro le vene e gli archi
hai programmi d’angoscia,
pronta a sezionar le maree.
Folle commediante derubato a finzioni,
di ringhiera in ringhiera,
pago ancora la cenere che avvolge
gli spazi dell’incendio che mortifica
l’ultimo trionfo·di saggezza.

43.

Ritorna il mito della tua armonia,
o capriccio degli attimi,
immagine di un idolo malfermo.
Forse è l’equivoco a calpestare
il giorno della danza,
aroma di abbandoni o soffio della porta,
il tintinnio dei tuoi rari coralli,
e il pendolo scaduto nel salone.
L’ultima brezza, tra pupille ed il cielo,
ha riempito meraviglie di incisioni,
nel sublime tremore della carne.
Ricacciarti in altre indecisioni
rende l’attesa più ovattata,
come settembre
ai silenzi
le spiagge intorpidite.
Poter dormire nel vento!
Il segreto stordire dell’estate!
Una fiaba,
dove intacchi le virgole d’infanzia
o stampigli al dolore
la casa dei frantumi.
La sciarada è negli anni,
ci scompone gli spazi
ad insidiare scenari.
Lascia cadere la fede:
beffa che mi compiace.

Da CANZONIERE DELL’ASSENZA

VERTIGINI

Sospesa nel fulgore della luce
una scala riporta le illusioni
del cielo, un cielo argento,
che sospende il chiarore dell’alba
nelle incoerenze di nuvole impazzite.
Il volo dei gabbiani riconduce
al perdono di visioni imperfette,
quando nel raggio lungo del colore
tu ripeti solitudini per confondere promesse.
Il passo incerto nelle tue braccia raccoglie
il tempo dell’abbaglio e non nasconde
l’arco che piega le tue gemme sciolte,
ed è un sospetto il nero del tuo profilo
così folle all’attesa, nel gioco attento al richiamo.
Contenere l’immenso respiro
è la promessa del fulgore.

DA ISTANTI O FRENESIE

AZZURRI

Trafiggemmo nel cielo alcuni azzurri
pastello,
ché non avevi spazi ad inseguire favole.
Era la storia che spezzava gli anni
tra le mie parole,
la paura di un flauto ferito
da quel dio insolito schermato fra i cespugli,
sgualcendo cattedrali.
Nei solchi il tuo mantello, le unghie
del silenzio per ritorni d’amore,
nel gesto incaute occasioni.
Là dove c’erano glicini o soltanto
segni di una possibile scomparsa,
compaiono le orme delle nostre scansioni,
compaiono i giorni del giardino
che ripete il mio gesto.
Resta sospeso un capogiro
nel quaderno di un’ora.

ZAGARE

La zagara ha uno strano profumo
questa sera,
tra foglie ingiallite e l’ombra umida
che intristisce il cammino.
Mi accompagna il profilo tra i viali
nel racconto di cavalieri, di mulini al vento,
e poco o niente, nelle ore che stridono a cinture,
convulso il labbro travolge ogni pensiero.
Ella perde inquietudini nel nembo di cielo
che rompe intarsi cupi di segreti,
che ripete ogni istante l’amaro ritorno
ad inventare l’inganno quotidiano.
Immutabile offerta la piega dimezzata
nel ricordo della tua confusione

da POESIE 1974

LA TUA POESIA

Forse non hai capito che il profumo
del bocciolo che in parte t’assomiglia
può risvegliare in me trascorse ore
di nostalgia, tempi in cui si rincorreva
una speranza semplice,
o si giocava con quei sentimenti
oggi traditi,
avviliti…
In questo mondo senza più timori,
lontano da ogni meraviglia,
vagamente inseguente ombre senza forma
senza costrutto, senza più filosofia,
in questo andare senza Dio,
ché se esistesse non ci avrebbe
contorto in uno spasmodico dolore
a soffrire di colpe non commesse,
in questo mondo senza leggi, io voglio
te, semplicemente in un amplesso puro.
Potremmo forse assaporare sogni perduti
o dimenticati lungo anni spariti
in pochi attimi…

IL GIOCO DELLE MELE

Quello che adesso stringi fra le coltri
è soltanto il ricordo di follie
che rincorresti al tempo delle mele:
fantasmi
che ti ripetono gesti allucinanti.
Null’altro che illusioni aggrappate ad un sogno
rimasto indiscreto .
Lo spazio che le dita riuscivano a comporre
sgualciva l’orlo dei quaderni segreti.
Nel lampo che lo sguardo franava al passo
e ricamava le fantasie dell’orizzonte
tu eri la carne da mordere,
colorata per vaneggiamenti tutto svaniva inesorabilmente
tra le carte ed il video, in abbadono,
trattenendo le mani sul bordo delle vene
che scorrevano tra i minuti dell’ignoto .
Ecco i miei sogni radunati alla sera
pronti a sconvolgere il vuoto dei muscoli.
Pronti a rigare i margini del cielo
con le vocali di fuoco che disgregano il senso.
A volte torna, a volte riprende le parole
ed una luce forsennata
come il pensiero di colpa o di fuga
rinverdisce la pelle, nel passo liquefatto.
Non ha più senso la bocca inaridita
dove parlava il petalo a confondere
lo sciogliersi dell’onda.
All’improvviso ti svegli e chiedi una carezza
crogiolo di future inesattezze
punto e daccapo nel rombo di un naufragio.

ACCADE

E’ sempre la prima volta quando rincorro il tuo labbro
tra le nebbie del sogno , come per colpire, e punire
un incontro clandestino nelle spire del vento.
Incastonato buio recito il monologo
sfidando gli specchi e a goccia a goccia
confondo il sudore incandescente nelle parole incise alle pareti.
Il dubbio è nella storia ormai disfatta,
frammentata da scaglie ed irrequieta nel rivolo
di un arcobaleno indiscreto,
quasi lo spazio aperto a declinare nuove illusioni
nella tenue ragnatela che ti avvolge.
L’intarsio custode di esplosioni ritorna vertigine.

da BOMBA CARTA

INTERVISTA
(a cura di Liliana Porro Andriuoli)

Tu appartieni alla cerchia dei medici scrittori: quanto ha influito sulla tua poesia l’esercizio della tua professione?
R.Sinceramente non amo essere catalogato come medico scrittore, perché nell’arco dei miei anni sono maturate alla pari le due personalità di medico e di poeta. Senza alcun dubbio la mia preparazione classica ha influito sulla ricerca della parola in maniera determinante, specialmente nell’arco del liceo negli anni 45 / 47, quando al nostro Istituto Jacopo Sannazaro di Napoli si prodigavano professori del calibro del famoso Antonio Altamura. Il bagaglio della medicina ha infine raffinato la preparazione umanistica, con il suo profilo deontologico e filantropico, amalgamando il sentimento alla violenza del morbo.

Quale importanza ha avuto secondo te il verso libero nella nostra poesia del ‘900? R. Allontanarsi improvvisamente dal ritmo del verso legato ad una rigida metrica, ed alla rima a tutti i costi, credo che abbia giovato al canto che la poesia “alta” riesce a trasmettere nel suo svolgersi. A me sembra che gran parte dei versi scritti abbiano però sempre l’impronta dell’endecasillabo, vuoi nel suo compiersi, vuoi nello spezzettarsi delle sue componenti. Bene o male la poesia esige l’armonia della musica, specialmente quando recitata ad alta voce. Per tale motivo non approvo che si appellino “poesia” i tentativi che attualmente si fanno proponendo delle “prose” senza verso, offrendole come composizioni poetiche. Allora se la poesia è lo scorrere delle idee compresse nel nostro sub coscio, conservate gelosamente nelle circonvoluzioni, essa freme per esplodere improvvisamente nella musica di un componimento. Il luogo della poesia è nel pensiero che vorticosamente illumina l’istante.


In quale corrente del nostro ‘900 letterario ti inserisci?
R. Domanda alla quale riesce difficile rispondere – É talmente lungo il tragitto, che ho compito in oltre settanta anni di ricerca poetica, che non posso assolutamente catalogare il mio operato in una corrente specifica. Ho attraversato tutte le stagioni della scrittura, dalla poesia semplice e licealista dei miei diciotto anni, plasmata dall’eco di Gabriele D’Annunzio, alla poesia sperimentale degli anni 60, 80 dello scorso secolo, con il mio ormai storicizzato volume “Fogli dal calendario”, edito da TAM TAM, alla rielaborazione del verso di questi ultimi anni. Ora, se mi è concesso un atto di vanagloria, direi che la mia ultima poesia può essere accostata al grande Pablo Neruda.

Qual è secondo te il compito del critico nei confronti del poeta che affronta?
R.Molto delicato l’interrogativo. Il critico oggi purtroppo non ha più la forza che caratterizzava l’intervento di molti anni addietro. Oggi la “stroncatura” non la si trova in nessuna critica e ciò è male, perché si gonfiano del “nulla” moltissimi scrittori che credono di essere poeti. Oggi il critico si limita a rileggere il testo, sottolineando le varie angolazioni di riscontro, e cerca di mettere in luce qualche barlume di musica orecchiabile. Il “saggio” critico su qualche autore è merce abbastanza rara.

Esiste una poesia meridionale con caratteristiche proprie?
R. Esiste una buona e nutrita schiera di poeti meridionali, specialmente nella Campania. Le nuove generazioni tentano di scalfire l’ardua muraglia che il Nord è stato sempre capace di innalzare per difendere e valorizzare al massimo il loro prodotto. Avallati dalla grande editoria. Ma il tempo dovrebbe dare il giusto merito nella storicizzazione di alcuni scrittori che meritano. Da Ugo Piscopo a Ciro Vitiello, da Franco Cavallo e Franco Capasso, da Raffaele Urraro a Raffaele Piazza, da Lino Angiuli e Eugenio Lucrezi, per nominarle solo alcuni si può tracciare una piccola mappa.


Hai scritto moltissimi libri di poesia: a quali sei più affezionato?
R. Molti i miei libri, fortunati e quasi tutti premiati nei vari anni. Non sono legato particolarmente a qualcuno, perché l’ultima creatura è sempre quella che viene coccolata essendo il tassello di un percorso sempre ardente e immediato. Un volume in particolare però rimane come esemplare ed è Candida, edito da Guida nell’ anno 1985, con prefazione del compianto Mario Pomilio, che mi aprì le porte della Letteratura italiana curata da Alberto Asor Rosa.

Cosa vuoi dirci degli “ismi” contemporanei?
R. Non ho molto da dire. Sono soltanto avvilito e meravigliato di come alcuni poetucoli si affannano a chiamare “poesia” quella che invece è “prosa poetica”. Io sono convinto che la vera poesia è sempre e rimarrà sempre quella che è capace di suscitare emozioni con la sua indiscutibile musicalità. Quella musicalità che l’intramontabile endecasillabo è stato capace di creare negli anni. Difficile emergere nel marasma che ci circonda. Abbiamo qui a Napoli e in provincia due o tre rivistucole che appartengono a conventicole, le quali sfornano testi mediocri e si scambiano favori senza colpo ferire, rimanendo nel sottobosco.


Qual è il poeta emergente che ritieni a te più affine nel moderno Parnaso italiano?
R. Non chiederlo! Non riesco a fare un nome perché sono affogato nelle centinaia di poesie che giungono sulla mia scrivania, vuoi per il mio Blog “Poetrydream”, dedicato alla poesia contemporanea, vuoi per le innumerevoli richieste di interventi. Purtroppo devo dire che difficilmente trovo un giovane che possa essere carezzato, mentre alcuni vanagloriosi si immergono nella gelosia, nell’invidia, nella incultura. Amo alcune giovanissime poetesse napoletane, che seguo con interesse e spero che riescano a farsi valere in breve tempo.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
R. Alla mia età il futuro è un’incognita da buco nero. Vorticosamente ingoia il tempo residuo e lascia il dubbio del compimento. Un mio tentativo in questi mesi è la realizzazione del premio “L’assedio della poesia 2020”, per una poesia inedita in lingua italiana. Senza tassa di lettura. Ho avuto la partecipazione di una giuria eccezionale: Carlo De Cesare, Mauro Giancaspro, Maria Alessandra Masucci, Giorgio Moio, Ugo Piscopo, Pier Antonio Toma, Maurizio Vitiello, e presidente il sottoscritto. Questa idea nasce sempre dal desiderio di contrastare alcune consorterie che qui in città e in provincia gestiscono premiucci con tassa di lettura, scambiano segnalazioni e diplomi tra i membri delle stesse congreghe.

Qual è la funzione del poeta nella società in cui vive?
R. Il poeta urla al vento, vox clamans! La sua voce si perde nella massa informe che sempre più decade nella vacuità e nella perdita dei valori e degli ideali. La poesia dovrebbe accompagnare gli uomini di governo illuminando con le sue folgorazioni, ma a me sembra che oggi la carenza di preparazione è vincente.
Ha ancora un senso la distinzione di Benedetto Croce tra Poesia e non-Poesia?
Benedetto Croce è stato un grandissimo filosofo e un grande escavatore nel virtuale della scrittura. La sua distinzione tra poesia e non poesia nasce in un periodo politico molto difficile e la parola poetica indicava una resistente razionalità al divenire dello spirito, una necessità della persistenza dell’umano nella sua universalità. Non poesia oggi è il marasma che ci circonda, nella rottura di ogni cultura valida in favore dell’arrivismo e della caduta nel vuoto.

Ti consideri un poeta d’amore?
R. Si! L’amore mi ha sostenuto perennemente negli anni. La mia poesia è stata sempre giudicata come cardine di una battaglia tra Eros e Thanatos, nella illusione di inseguire i sentimenti alti, sublimi del rapporto amoroso, per sfuggire alla tenaglia rovente della morte. Gli ultimi due volumi in particolare sono un vero e proprio canzoniere, ispirato dai ricordi, dagli sprazzi luminosi che la memoria conserva di quello che è stato il rapporto miracoloso con mia moglie Elena, deceduta improvvisamente sette anni or sono.

Nota Redazione:

Testi ricevuti per gentile collaborazione dell’autore a cui sono riservati i diritti per il copyright.

Inserimento dati:

Lidia Popa

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